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			Carloforte, 16 gennaio 
			2007 CARLOFORTE. Alla 
			vigilia di una giornata popolare molto attesa e tradizionalmente 
			celebrata dai carlofortini, come il 17 gennaio (inizio del 
			carnevale), non è mai stato dimenticato dagli isolani il tragico 
			fatto storico accaduto alle ore precedenti la festa. La notte del 16 
			gennaio 1970, al largo della costa settentrionale di San Pietro, in 
			corrispondenza di Punta delle Oche, tradito dall’imponente 
			dirompenza di una burrasca, colò a picco il mercantile Fusina, 
			carico di minerale appena imbarcato a Portovesme. Queste tristi 
			vicende, sono state pazientemente e minuziosamente ricostruite dal 
			ricercatore Salvatore “Rodin” Borghero, che ha pubblicato l’esito 
			della sua indagine sul sito web www.isoladisanpietro.org.“La tragedia del Fusina”, è la protagonista della sesta puntata 
			della rubrica “La grande storia di Carloforte”, la cui 
			ricostruzione, ancora non terminata, è attualmente giunta alla 
			quinta parte.
 Nonostante siano 
			trascorsi oltre 35 anni dal naufragio, per completare il quadro 
			della vicenda, mancherebbero ancora alcuni tasselli, anche perché 
			non tutto venne alla luce, a causa della vicenda legale aperta dopo 
			il disastro, che “blindò” diverse carte celate dal segreto 
			giudiziale per l’istruttoria da compiersi e l’individuazione di 
			eventuali responsabilità. Nelle prime due 
			parti, Borghero traccia una premessa ed una presentazione della 
			tragedia, che vide il Fusina affondare a circa due miglia e mezzo da 
			Punta delle Oche, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, 
			trascinandosi dietro 4 mila tonnellate di blenda e diciotto dei 
			diciannove membri dell’equipaggio. Come noto, l’unico 
			a scampare alla morte, quasi per miracolo, fu il cameriere veneto 
			Ugo Freguja, ritrovato molte ore dopo stremato ed infreddolito, 
			mentre degli altri uomini, tredici vennero identificati e 
			recuperati, dei restanti cinque non si rinvennero tracce. Sul web, compare la 
			lista completa dell’equipaggio e una scheda tecnica della nave, un 
			mercantile da 2700 tonnellate, varato nel 1957 dall’armatore 
			S.a.n.a. di Trieste ed adibito al trasporto del minerale, dalla 
			Sardegna al Veneto. La causa ufficiale 
			dell’affondamento fu lo spostamento del carico, indotto da un 
			pessimo stivaggio che, a seguito dei movimenti bruschi provocati dai 
			marosi mentre si abbattevano sulle fiancate, lo rese viscido e 
			malfermo, al punto di compromettere irrimediabilmente la stabilità 
			della nave, che affondò in pochi minuti, su un fondale di circa 98 
			metri. Parte centrale 
			della ricerca, è una ricca e documentata rassegna stampa, 
			comprendente ben 25 articoli di quotidiani prevalentemente 
			regionali, dal 1970 fino ai giorni nostri, trascritti da Borghero 
			per una più agevole lettura. Molto interessanti 
			anche il racconto di Luciano Molin, tratto dal volume decimo di 
			“Storie e racconti di mare”, a cura del Circolo Ufficiali della 
			Marina Mercantile del Comune siculo di Riposto, e del numero 
			speciale di “Io, tu, noi”, periodico della comunità giovanile 
			carolina del gennaio 1970, a cura di Walter Lalli, che intervistò a 
			caldo il superstite Freguja, descrivendone la drammatica 
			testimonianza. Sulle pagine web, 
			sono ben evidenziate anche i retroscena dell’affondamento, dal 
			ritrovamento dei corpi ai funerali, dalle iniziative che seguirono 
			alla grande sensibilità pubblica, in particolare degli studenti del 
			Nautico. 
			Simone Repetto |