A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

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La tragedia del Fusina

Sesta parte

Rassegna stampa regionale veneta

Articolo 08

IL GAZZETTINO DI VENEZIA
mercoledì 21 gennaio 1970
- Prima pagina -

Mentre continuano le ricerche delle salme e del relitto
Sono ancora troppi gli interrogativi sul naufragio del cargo «Fusina»
Ripescati altri quattro corpi – Il sottosegretario Mannironi in Sardegna per l’inchiesta, accolto dagli studenti della scuola nautica che chiedono l’installazione di nuovi posti per ascolto radio – Perché l’SOS, se è stato lanciato, non è stato raccolto?

Dal nostro corrispondente
Cagliari, 20 gennaio

Adesso il mare è tornato liscio come l'olio ed è possibile vedere lontano senza le suggestioni delle ombre sulle onde.

La gente di Carloforte, gente di mare, guarda dalla spiaggia e dagli strapiombi dell'Isola di San Pietro alla ricerca dei corpi dei marinai del «Fusina» - il mercantile affondato in quel braccio di mare venerdì scorso - che ancora mancano all'appello.

Ieri ne erano stati trovati quattro; oggi ne hanno ripescati tre.
Ne mancano undici: le correnti ormai debbono averli portati certamente giù verso il golfo di Palmas, verso Capo Spartivento.

La conferma che le salme si muovevano ormai sul filo delle correnti la si è avuta stamane dall'aereo del centro di Elmas che ha avvistato davanti al golfo di Palmas (una ampia insenatura sotto le isole di San Pietro e Sant’Antioco) una scialuppa capovolta, un salvagente e, accanto, un corpo senza vita.

Il rimorchiatore «Atleta» ha ricevuto il messaggio del velivolo, si è portato nel punto indicato e ha recuperato il corpo di un giovane che potrebbe essere il mozzo Angelo Barbieri (di Sottomarina).

Ha un orologio al polso, pantaloni scuri, una maglietta bianca.
Più tardi il panfilo «Capitan Lipari» della scuola nautica di Carloforte, segnalava sotto costa un'altra salma che è stata recuperata dall'imbarcazione di un albergo.
Ugo Freguja l’ha identificata per quella del radiotelegrafista Giovanni Nordio.

In serata, a due miglia e mezza dall’isoletta del Toro, l'equipaggio della nave della Marina Militare «Altair», ha recuperato la salma di un uomo dall'apparente età di 55 anni, capelli grigi, alto circa un metro e 65 : con pantaloni scuri, maglia rossa, vera al dito.
Si ritiene sia il comandante del «Fusina», Mario Catena.

A tarda sera è stato portato a Carloforte un altro cadavere, che non è stato identificato.

È sempre così, qui davanti a San Pietro.
Quattro naufragi in un anno, quattro venerdì maledetti.

A Carloforte sono ormai abituati a vedere la camera mortuaria del cimitero piena di salme non identificate e le file dei parenti disperati.

Venerdì 17 gennaio dell'anno scorso: mare forza otto, raffiche di maestrale a 80 chilometri l’ora. La «Rigel» aveva caricato barite a Sant’Antioco; poi a 40 miglia ovest dal porto, il carico si era spostato e il mercantile – 2300 tonnellate – era andato a picco con nove dei 21 marinai del suo equipaggio.

Venerdì 17 aprile dello stesso anno: un panfilo naufraga in una notte tremenda – maestrale a cento all’ora – davanti al Capo Colonne di Carloforte, a cento metri dalla riva.
Se ne accorgono il giorno dopo alcuni marinai che da terra scorgono un albero di nave spuntare dall’acqua.
Era l’«Ambria»: a bordo c’erano il medico veneziano Lorenzo Dolcetti e altre due persone.

Venerdì 29 agosto 1969: dopo tre notti e due giorni di agonia, al largo di San Pietro, affonda il panfilo «Shaib» : le due donne e i tre uomini che erano a bordo vengono salvati in circostanze drammatiche.

E poi, ancora, pochi giorni fa, una nave, la «Tabarchin» si arena lungo la costa sulcitana.
Altre - come la «Esso Cardiff» - rientrano in porto sbandate, semisommerse.
Il punto è maledetto, e in caso di necessità si può essere certi che le speranze di aiuto sono poche.

Non esistono fari con sorveglianti che anche la notte debbano osservare il mare: se ci fossero stati, avrebbero visto i razzi del «Fusina», la fluorescenza del mare quando il comandante lanciò – come ha raccontato Freguja – le polveri fosforescenti.

Le stazioni radio sembra non riescano a coprire quelle località; il suolo è ricco di minerali tanto che sulle carte nautiche le linee di declinazione magnetica sono estremamente irregolari, le onde elettromagnetiche vengono assorbite.

Quando il «Shaib» chiese soccorso al largo di Carloforte, non poterono rilevarlo perché mancano lungo la costa radiogoniometri completi con tutte le bande di sintonia.
E così il panfilo dovette andare alla deriva, con un mare d’inferno mentre lo si cercava più giù e più su: fu un miracolo se all’ultimo crepuscolo un aereo lo avvistò.

Ecco perché si può pensare che i diciotto del «Fusina» forse avrebbero potuto essere salvati.
«E’ un altro misfatto del maestrale» dicono i marinai di Carloforte.
Non lo si teme abbastanza questo vento.
Nasce dal Golfo del Leone per il risucchio del deserto africano.
Salta d’improvviso e soffia tre giorni, oppure sette, senza placarsi e nulla lo annuncia. Poi lancia lo scompiglio nelle correnti, perciò non si sa più dove cercare i relitti e le salme.

Il maestrale non c’è da oggi sulle coste sarde. Eppure le norme di sicurezza sembra siano trascurate non solo dalle autorità, ma dagli stessi marinai.

Un carico incompleto, bagnato, male assicurato, può far capovolgere la nave se arriva un’onda più forte delle altre.
E’ successo al Rigel, forse è accaduto anche al «Fusina».
Forse diciotto uomini potevano essere salvati, invece adesso li si cerca sulle onde non si sa dove.

Spetterà alle commissioni d’inchiesta della Capitaneria e del ministero della Marina mercantile stabilire ciò che è avvenuto.

Per questo oggi è giunto in volo da Roma il sottosegretario Mannironi, un sardo di Nuoro: è stato accolto da due file di studenti della scuola nautica che recavano cartelli i quali, facendo riferimento agli ultimi naufragi, chiedevano l’installazione di posti di ascolto radio lungo la costa e che gli hanno consegnato un promemoria in questo senso.

Il sottosegretario ha assicurato una sollecita opera di revisione delle installazioni di soccorso.

Perché è affondato il «Fusina»?

E’ stato veramente il carico sbandato improvvisamente, o una brusca accostata coincisa con un imprevisto colpo di mare?

O la collisione con uno scoglio, con un relitto?

Perché nessuno ha visto nulla da terra?
Perché i due «SOS» non sono stati registrati da Malta, Campu Mannu, Civitavecchia, Palermo, Algeri, Marsiglia, dai mercantili in navigazione?
E’ stato usato un apparato Rt non più in grado di funzionare?
O si è ricorsi al trasmettitore di soccorso, di cui spesso si trascura la manutenzione, la carica della batteria?
Oppure l’«Sos» non è stato lanciato per nulla?
Dove è adagiato esattamente il relitto?
Dove sono i poveri corpi dei dodici che mancano?

Tutti interrogativi che la Commissione d’inchiesta sommaria dovrà cercare di sciogliere, basandosi per lo più sulle poche e confuse parole di un giovane cameriere di bordo che dormiva nella sua cuccetta, quando qualcuno, che è morto, lo ha scosso dicendogli: «Vieni fuori, qui ci lasciamo la pelle tutti quanti!».

Dino Sanna

Continua...

Fine sesta parte - Articolo 08

 

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