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			Dalla nostra redazione 
			Cagliari, 19 
			gennaio 1970 Le salme di quattro 
			delle diciotto vittime dell’affondamento della motonave «Fusina» 
			avvenuto venerdì notte nelle acque dell’Isola di San Pietro, sono 
			state recuperate a pochi chilometri dal faro di Capo Sandalo. I 
			corpi sono stati identificati dal cameriere Ugo Freguja, unico 
			superstite della terrificante sciagura: sono quelli del direttore di 
			macchina Giorgio Renier di 31 anni, del nostromo Duilio Padoan di 
			49 anni, dell’operaio meccanico Francesco Ravalico di 37 anni e 
			dell’ingrassatore Nicola Farinosa di 24 anni. I primi tre corpi sono 
			stati composti nella camera ardente allestita nel cimitero di 
			Carloforte; quello di Farinosa si trova nell’obitorio di 
			Sant’Antioco. Oltre ai quattro cadaveri, sono stati recuperati diversi boccaporti, 
			che si ritiene appartenessero alla «Fusina», mentre è stata 
			avvistata e localizzata una larga chiazza di nafta, che dovrebbe 
			indicare il punto nel quale il mercantile è colato a picco, 
			risucchiando, presumibilmente, gran parte dei membri del suo 
			equipaggio che non avevano avuto la possibilità di gettarsi per 
			tempo in acqua e di allontanarsi sufficientemente dal punto in cui 
			la nave affondava. Quasi certamente insieme alla nave è affondato il 
			comandante Mario Catena di 52 anni. Ugo Freguja, infatti, ha 
			dichiarato di averlo visto fino all’ultimo sul ponte, mentre 
			letteralmente spingeva in acqua i marinai più restii. Le ricerche erano riprese stamane all’alba nella zona di mare 
			indicata dall’unico superstite, a circa sei miglia dal faro di Capo 
			Sandalo. Vi partecipavano le fregate «Altair» e «Andromeda», il 
			rimorchiatore «Atleta» e le motovedette della capitaneria di porto 
			e della guardia di finanza che verso la mezzanotte erano partite da 
			Cagliari. Poco dopo erano intervenuti anche un aereo e un elicottero 
			del centro di soccorso di Elmas. Proprio dai due velivoli, alle ore 
			9, sono stati avvistati i quattro cadaveri, che galleggiavano dal 
			faro di Capo Sandalo. I piloti hanno subito informato via radio le 
			fregate e gli altri mezzi che partecipavano alle ricerche, indicando 
			la posizione. Mezz’ora più tardi le navi hanno avvistato i corpi. Nel frattempo la motocisterna 
			«Gioritta», che era partita ieri 
			sera da Sant’Antioco e che per tutta la notte era rimasta nella 
			zona, recuperava cinque boccaporti di legno, che si presume 
			appartenessero alla nave affondata. Nella zona – due miglia a nord dell’isola di San Pietro – veniva 
			pure avvistata una larga chiazza di nafta, che si pensa debba 
			indicare il punto in cui la «Fusina» è colata a picco. Sul posto si sono indirizzati i mezzi che partecipavano alle 
			ricerche, informati dal comandante della petroliera. Alle 10,30 le 
			fregate «Altair» e «Andromeda» raggiungevano il tratto di mare a 
			due miglia dalla costa, nella zona chiamata «Cala di Mezzaluna», 
			dove galleggiavano i quattro cadaveri e subito iniziavano le fasi di 
			recupero. Alla stessa ora, negli uffici della società armatrice 
			«SANA», a 
			Mestre, erano in angosciosa attesa di notizie i familiari dei 
			quattordici marittimi iscritti ai compartimenti di Venezia e di 
			Chioggia. Il direttore della società, capitano Mario Borsani, non 
			poteva che dire, purtroppo, a tutti le stesse cose:«Le ricerche 
			continuano, ma le speranze sono poche». Parlando delle possibili 
			cause della sciagura, il capitano Borsani diceva:«Verso la fine di 
			agosto la «Fusina» era entrata in bacino per una completa 
			revisione di tutto lo scafo, tale revisione aveva accertato la 
			perfetta condizione di tutte le strutture. Circa le cause, quindi, 
			si possono fare solo congetture. Non possiamo dire, per il momento, 
			che c’è stato uno sbandamento, come ha detto il cameriere Freguja, 
			né che l’inclinamento è stato determinato da un violento colpo di 
			mare, né, infine, che si è aperta una falla. Sono tutte 
			supposizioni, ciascuna delle quali, oggi, può essere ritenuta 
			valida». Fra i parenti in attesa c’erano anche la moglie ed il figlio 
			ventenne del comandante della nave scomparsa. A Chioggia i navigli da pesca e da carico hanno alzato la bandiera a 
			mezz’asta in segno di lutto. Sei membri dell’equipaggio della 
			«Fusina» erano di Chioggia, tutti classificati «arditi lupi di 
			mare» ad eccezione del mozzo quindicenne Angelo Barbieri, che era 
			al suo primo imbarco. Tranne il ragazzo ed il radiotelegrafista Giovanni Nordio erano 
			tutti sposati, due dei quali con figli in tenera età. Ore d’angosciosa attesa anche a Trieste. Qui risiede Maria Ravalico, 
			di 29 anni, moglie dell’operaio meccanico il cui cadavere è stato 
			recuperato questa mattina, con i due bambini Roberto e Sergio. 
			Francesco Ravalico aveva trascorso in famiglia le feste di Natale ed 
			il giorno di Capodanno aveva lasciato la moglie ed i bambini per 
			imbarcarsi sulla «Fusina» (la nave era partita il giorno 
			successivo da Venezia). A Carloforte, intanto, mentre i mezzi della marina recuperavano i 
			corpi dei quattro marittimi, veniva nuovamente interrogato il 
			cameriere superstite, che oggi appariva in condizioni di salute 
			soddisfacenti. E’ stato così possibile apprendere ulteriori particolari sulla 
			terrificante avventura di cui è stato protagonista Ugo Freguja. Il 
			cameriere si è potuto salvare grazie al salvagente che è riuscito ad 
			afferrare in extremis dal parapetto del ponte prima di cadere in 
			acqua. «Ho visto – ha raccontato il superstite – altri compagni 
			nuotare con il salvagente. Poi mi sono accorto che vicino a me era 
			rimasto solo il marinaio Ballarin, che cercava disperatamente di 
			guadagnare la riva. Il comandante l’ho visto per l’ultima volta in 
			coperta, poco prima che la nave affondasse. Incitava tutti a 
			gettarsi in acqua e ad allontanarsi il più possibile, dopo che aveva 
			constatato l’impossibilità di utilizzare le scialuppe data la forte 
			inclinazione della nave». Ugo Freguja ha 
			nuotato per circa otto ore, fino a raggiungere, allo stremo delle 
			forze, la spiaggia di «Calavinagra» dove sabato 
			mattina è stato soccorso dal pescatore Giacomo Prefumo. «Appena ho 
			toccato terra – ha continuato il cameriere – mi sono attardato sulla 
			spiaggia, un po’ perché non ce la facevo più e anche perché speravo 
			di vedere qualche mio compagno. Avevo infatti l’impressione che 
			qualcuno, almeno Ballarin, mi avesse seguito. Invece purtroppo, 
			nulla». Egli ha poi dichiarato che circa un’ora è durata l’agonia del 
			mercantile e che nel frattempo è stato lanciato per due volte l’SOS. 
			Inoltre sono state fatte numerose altre segnalazioni, tra cui il 
			lancio di razzi, per richiamare l’attenzione di eventuali navi che 
			incrociassero nella zona. I due drammatici, disperati appelli del 
			comandante, però non sono stati raccolti perché il punto dove la 
			nave è affondata si trova in un «cono d’ombra» per le 
			comunicazioni radio, per cui l’energia magnetica viene assorbita 
			dalle masse ferrose che impediscono la propagazione e quindi la 
			ricezione a distanza dei segnali radio. Secondo il racconto di Ugo 
			Freguja la nave è affondata nel giro di non meno di 45-60 minuti. Verso le 17 i corpi dei quattro marittimi sono stati sbarcati, tre a 
			Carloforte e uno a Sant’Antioco. Ugo Freguja ha identificato prima 
			quello del direttore di macchina Giorgio Renier, del quale era molto 
			amico. Il riconoscimento degli altri è stato piuttosto difficoltoso, 
			in quanto il cameriere era imbarcato da poco tempo sulla «Fusina» 
			e molti dei suoi compagni li conosceva solo per soprannome. Sono 
			stati riconosciuti per alcuni elementi e caratteristiche 
			particolari, attraverso i quali è stato possibile risalire ai nomi. 
			Il nostromo Duilio Padoan era completamente vestito, aveva anche le 
			scarpe, ed indossava il salvagente. Al collo portava una catenina 
			d’oro, con una medaglia raffigurante da una parte la Madonna e 
			dall’altra una piccola ancora con la scritta «Dio ti protegga». Il 
			terzo era il corpo di Francesco Ravalico, del quale Freguja 
			conosceva solo il nome di battesimo. Aveva solo le mutande ed 
			indossava un salvagente a giubbotto. Al dito portava la fede 
			matrimoniale con un nome, Maria, e una data 21 febbraio 1960. Ugo Freguja, insieme al pretore dott. Antonio Polo, si è recato nel 
			tardo pomeriggio, a Sant’Antioco, dove ha riconosciuto il quarto dei 
			corpi finora recuperati era dell’ingrassatore Nicola Farinola di 24 
			anni, da Molfetta. Aveva ancora il salvagente. Domattina il cameriere superstite tornerà a Carloforte per essere 
			nuovamente interrogato dai dirigenti dell’ufficio circondariale 
			marittimo. Sul naufragio sono state aperte due inchieste: una, coordinata dalla 
			capitaneria di porto di Cagliari, dalle competenti autorità 
			marittime, ed una giudiziaria condotta dal pretore di Sant’Antioco. 
			Per domattina, provenienti da Varese, sono attesi a Carloforte i 
			familiari delle vittime, dirigenti della società armatrice e 
			l’ispettore generale inviato dal ministero della Marina mercantile. 
			Milvio Atzori |