Eventi di attualità di ieri e di oggi su Carloforte e l'Isola di San Pietro

 

Spettacolare rassegna fotografica sulle mattanze 2002

7 ricette per cucinare il prelibato pesce

 

    Carloforte, mercoledì 24 aprile 2002
 
Quattromila tonni lo scorso anno, la “ciurma” pronta al bis.
 La storica tonnara e le sue maestose mattanze
Conto alla rovescia per la mattanza.
Quaranta “tonnarotti” già al lavoro sotto la guida del giovane Rais Luigi Biggio

LA SPERANZA:
Le reti sono già ancorate all’Isola Piana e gli stabilimenti della Punta a regime.
La stagione di pesca è già cominciata e si annuncia buona, ma sarà il mare a dire l’ultima parola.


 

LA RIPRESA:
2001, l’anno della ripresa dopo la crisi:
Nelle reti sono finiti ben 4.000 tonni con alcuni esemplari da 400 kg.
Tra il 1940 e il 1970 si oscilla su una media di 2.000 tonni con punte di 2.600.


 

 

IL RAIS:
Il Rais guida la mattanza dalla sua barca, la “musciara”.
Lo accompagnano un vascello (dove vengono issati i tonni al momento della mattanza), quattro “palischermotti” e sette “bastarde”.


 

IL RECORD:
Nel 2001 per la prima volta nella storia delle tonnare isolane la mattanza si è svolta in aprile.


 

 

 

I TONNI:
I tonni pescati sono destinati per il 60% al mercato giapponese, il resto a quello locale.


CARLOFORTE. Una paio di giorni, e forse si comincerà a capire se la nuova stagione delle mattanze sarà come quella, straordinaria, dell’anno scorso.
Intanto, la tonnara carlofortina dell’ Isola Piana è già in pesca: tutte le reti sono ancorate a dovere e gli stabilimenti della località “la Punta”, già a pieno regime.

Il giovane ma esperto “Rais” (il capo mattanza), Luigi Biggio, 37 anni, di Portoscuso, smorza però i facili entusiasmi: “Sta andando tutto bene, il lavoro è stato completato, per il resto, dipende dal mare”, commenta.

A dire la verità un piccolo segnale positivo ci sarebbe: “nelle reti sono già rimasti impigliati due piccoli tonni”, spiega infatti il rais.

A confortare sono anche i numeri che riassumono il 2001 della tonnara carlofortina: quasi 4000 tonni pescati, splendidi esemplari superiori ai 400 chili, mattanze che hanno toccato punte di 500 tonni.
Se i polverosi registri non hanno mentito, erano almeno 30 anni che l’Isola Piana non pescava tanto, e per risultati migliori bisogna andare a ritroso sino ai primi anni del secolo appena trascorso. La scommessa è la stessa dell’anno scorso, quando, per la prima volta nella secolare storia delle tonnare sarde, si fece mattanza ad aprile (per la precisione il 24, e si presero una quarantina di tonni), visto che molti studi indicano, già da diversi anni, un anticipo dei tonni nelle loro migrazioni oceaniche di quasi un mese.

Ma veniamo agli uomini impegnati nella mattanza:
i tonnarotti (coloro che fanno la mattanza), sono 42, divisi equamente fra carlofortini e portoscusesi ma, come sottolinea il Rais Biggio, “un’unica ciurma”.
Non mancano poi 10 uomini della squadra di terra (che caricano e puliscono i tonni negli stabilimenti), e 4 sub, che hanno il compito di riparare le reti, avvisare se ci sono squali o pescispada che potrebbero spaventare i tonni, ma, soprattutto, di dare il via perché i tonnarotti possano imprigionare i tonni e pescarli.

A supervisionare tutto, ci sarà come sempre Giuliano Greco, responsabile della “Consociazione tonnare sarde” (che gestisce le tonnare dell’Isola Piana e di Portoscuso).

Se negli anni tante cose sono cambiate, la tonnara è rimasta quasi immutabile:
una sorta di edificio subacqueo (isola), composto da reti ormeggiate con ancore e cavi, e diviso in cinque camere, che da levante a ponente si chiamano: “Grande” (dove entrano i tonni), “Bordonaro”, “Bastardo”, Camera (detta anche «di ponente»), e “Camera della morte”.
Fra il “Grande” e il “Bordonaro”, perpendicolarmente c’è la coda (o “cudda”), rete lunga più di un chilometro, che costringe i tonni verso la tonnara.
Ogni camera comunica con le altre per mezzo di “porte” che possono essere chiuse o aperte (abbassate o tirate su), a piacimento.
La «Camera della morte» è differente, perché le maglie vanno mano a mano stringendosi ed ha il fondo mobile (Corpus): tirato su lascerà i tonni intrappolati, che poi verranno sollevati dai tonnarotti e portati a terra.

Ora manca “solo” l’arrivo in massa dei “tonni di corsa”, ed uno dei più antichi e duri mestieri del mondo, rivivrà, per concludersi il 13 giugno (Sant’Antonio da Padova), giorno che, tradizionalmente, segna la fine del passaggio dei tonni davanti all’isola di San Pietro, e la conclusione delle mattanze.

Mariano Froldi


[Torna ad inizio pagina]


C’è del fermento, quasi una gioiosa attesa tra la ciurma delle tonnare che pescheranno nelle acque dell’isola di San Pietro. Ancora una volta i tonni verranno intrappolati nell’ingegnosa complessità della tonnara. Ed ancora una volta si potrà assistere a quello spettacolo suggestivo, crudele e cruento che è la mattanza una sagra di morte, una strage delle creature dell’acqua per la vita delle creature della terra. La mattanza ha sempre esercitato negli uomini un fascino arcano e inafferrabile, per quei suoi riti misti tra il pagano e il cristiano, per quel suo essere araba e mediterranea insieme, per quel suo furore di morte nonostante il batter disperato delle code nell’agonia, per quella sua brama di vita.

Ma da anni molto è cambiato: non si vede più il roteare dei raffi, i tonni non vengono più uncinati, non ci sono più gli astaioli o i mascaioli con i loro crocchi , né le gare tra gli stellati per issare a bordo un maggior numero di pesci.

La mattanza non è più una prova di abilità e coraggio. I tonni vengono “incocciati” per le branchie e issati a bordo con un bigo. Sono i tempi che cambiano e anche le esigenze di mercato: i compratori, in particolare i giapponesi, vogliono il pesce integro per servirlo nei ristoranti (chissà a quale prezzo) crudo e fresco.

Così un patrimonio di maestria conseguito con sacrificio si va estinguendo. Rimane per fortuna conservato come eredità un bagaglio di storie tradizioni e costumi che per il suo valore non potrà che essere duraturo.

Nicolo Capriata


[Torna ad inizio pagina]


La tonnara c’è, ma non si vede. Esiste ed è di importanza vitale per i venti giovani di Portoscuso che anche quest’anno saranno impiegati nella stagione di pesca della società “Su Pranu” nell'Isola di San Pietro.

Purtroppo non esiste per la comunità di Portoscuso orfana oramai da diversi anni dell’attività di pesca, dopo la dichiarazione di inagibilità dell’antico e decadente stabile che sorge al centro del paese. Nonostante il punto di pesca, posto a circa un miglio e mezzo al largo di Capo Altano nelle acque di Portoscuso, sia immutato da oltre quattrocento anni, la tonnara è stata trasferita nei locali della Punta sull’isola di San Pietro.

Gli antichi e consueti ritmi di lavoro sono ormai un ricordo. Esiste però, anche il presente. Il rais Luigi Biggio ha fatto verificare nei giorni scorsi dai sub il punto a mare in cui sarà calato l’incrociato. Ossia, la prima parte delle reti che formano il mortale sbarramento per i tonni.

Le barche sono state armate. Attendono solo l’ordine di muoversi. L’ennesima per i tonnarotti di Portoscuso, che possono vantare la tonnara più antica e blasonata del Sulcis iglesiente. Si attende solamente che lo scirocco, come vuole la tradizione, cali all’indomani dei festeggiamenti in onore di Sant’Antioco.

«Per Portoscuso - sostiene Giuseppe Biggio, tonnarotto circa trent’anni fa - la tonnara si tramanda da padre in figlio. Prima si faceva per vivere, oggi invece è sentita come fatto turistico ma non per questo meno importante».

Pierluigi Bacchis


Le suggestive foto bianco e nero sulla tonnara e la mattanza
dell'Isola di San Pietro, pubblicate all'interno degli articoli,
sono state tratte dal sito della nostra
Carissima Amica, nonché amante di Carloforte,
TIZIANA SAVINELLI:
http://www.synchromy.com
Sito che vi consigliamo vivamente di visitare subito!!!


[Torna ad inizio pagina]


Per inviare una e-mail alla redazione di "I fatti" clicca qui sotto

 
     

Dal 06.09.2001

 
       

 

 

 

   

Inviare al Webmaster una e-mail con domande o commenti su questo sito web